Piazza Ernesto Biondi è il salotto del borgo, è intitolata all’illustre cittadino, famoso scultore attivo agli inizi del Novecento, che qui nacque nel 1855. Al centro della piazza è ubicata la chiesa di S. Maria, alla quale si accede tramite una scalinata chiusa da un cancello bronzeo, opera dello scultore anagnino Tommaso Gismondi; anche il portale della chiesa è opera dello stesso Gismondi. Sulla balaustra, un San Francesco di Ernesto Biondi si eleva a grandezza naturale. Sulla destra della chiesa il murales di 250 mq realizzato da Fausto Mancini nel 1984, che affronta uno dei temi più delicati per il piccolo comune ciociaro: l’emigrazione che nel Novecento spinse tanti cittadini verso gli Stati Uniti in cerca di fortuna. Di fronte il murales realizzato da Mario Rosati che raffigura Ernesto Biondi.
Sulle origini del nome si è molto discusso fra gli storici locali e dopo ipotesi per lo più basate su assonanze linguistiche, monsignor Antonio Biondi, storico locale, ha concluso che non è possibile rintracciare l’esatto etimo. Secondo lo studioso possiamo solamente ipotizzare che il toponimo sia derivato dal soprannome del fondatore.
L’abitato, posto sui fianchi orientali dei monti Lepini, è sicuramente risalente al processo d’incastellamento e quindi all’anno Mille. Nel territorio tuttavia sono stati trovati consistenti resti archeologici che nel passato hanno fatto pensare alla possibile esistenza di una città volsca, forse identificata con Ecatra. Oggi si reputa che esistessero alcune dimore rustiche romane di modesta estensione: farebbero parte di quella serie di ville sorte lungo l’antica strada pedemontana oggi sostituita dalla provinciale morolense.
La storia del centro, come abbiamo detto, comincia intorno all’anno Mille. Dalle carte ecclesiastiche emerge la prima menzione del Castello di Morolo: in esse veniva confermato al vescovo anagnino l’appartenenza ditale paese alla sua giurisdizione. Documenti più tardi ci fanno conoscere nomi di preti morolani e l’organizzazione della chiesa.
Fino al Quattrocento il castello fu egemonizzato da un ramo locale dei de Supino, una famiglia staccatasi dai de Comite, che partecipò vivacemente alle lotte interfeudali. Nel 1216 Tommaso de Supino compì un’incursione contro i de Ceccano nel territorio del loro castello; immediata fu la replica di Giovanni de Ceccano. Assediò Morolo, riuscì a penetrarvi e compì una strage uccidendo più di quattrocento persone. I rifugiati nel castello, fra cui alcuni componenti della famiglia Colonna, furono presi in ostaggio. Per liberarsi dovettero pagare un forte riscatto. Tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento entrarono nella signoria del castello i Colonna che solo intorno al 1422-23, però, ne divennero signori effettivi. A partire dal Seicento il comune rurale fu sempre più soggetto al potere centrale della Chiesa. NeI 1870 il paese entrò nello stato unitario anche se diversi morolani combatterono dalla parte papalina.
Con l’unità Morolo fu direttamente beneficato dallo sviluppo impetuoso di Roma. Ma alla fine dell’Ottocento, con la difficile situazione economica, cominciò una fortissima emigrazione verso le più diverse destinazioni: oggi ci sono più morolani e loro discendenti fuori che in paese. L’emigrazione continuò poi nel dopo guerra, anche e soprattutto verso Roma, ma una certa ripresa si registrò ugualmente nel paese. Oggi molti lavorano nelle fabbriche del luogo e da un po’ di tempo si osserva il fenomeno del ritorno massiccio di emigrati.
Il centro storico sorge sotto il Castello Colonna, in gran parte crollato e formato da due vasti ambienti: il primo, più alto, sembra essere stata la zona destinata alla difesa vera e propria, il secondo pare fosse riservato ad abitazione.
Dal castello parte una doppia cinta muraria, in buona parte ancora identificabile, come lo sono alcune torri oggi ancora esistenti, sia perché inglobate nelle abitazioni, sia perché ridotte a mura di sostegno. Il centro storico degrada verso la piazza principale, nella quale è una bellafontana in pietra, opera degli scalpellini della valle di Comino.
Su questa piazza si affacciano la chiesa più importante ed il Palazzo comunale. Fuori porta oggi vi sono diverse abitazioni ed una chiesa, San Rocco.
Le chiese di Morolo sono nel centro del borgo. La principale è Santa Maria, eretta già nel Medioevo e ricostruita nel Seicento; è sopraelevata rispetto al piano della piazza e vi si accede per una scalinata chiusa da un cancello bronzeo, opera dello scultore Tommaso Gismondi.
Sulla sx della chiesa, il murales di 250 mq realizzato da Fausto Mancini. L’opera venne commissionata nel 1984 dalla Pro Loco ed affronta il delicato tema dell’emigrazione dei morolani verso gli Stati Uniti, che nel corso del Novecento rappresentò per il paese una vera e propria piaga. Nel grande murales Fausto Mancini seppe rappresentare con straordinaria efficacia tutti i sentimenti legati al cambio di vita di coloro che affrontavano il viaggio transoceanico con la speranza di trovare nuove opportunità. L’opera è dipinta su due facciate di una casa, divise da un angolo: su un lato è dipinta l’Italia divisa in regioni, sotto cui tre donne velate di nero sembrano salutare un uomo di spalle, appena uscito con le valigie in mano da una porta (non disegnata ma reale uscio dell’abitazione); l’uomo ha quasi raggiunto l’angolo e sull’altra facciata un inflessibile poliziotto americano sembra aspettarlo al varco, sormontato dalla Statua della Libertà simbolo della meta raggiunta.
Anche su questo lato sono state inclusi gli elementi strutturali dell’edificio: cinque finestre sono incastonate nel profilo di moderni grattacieli e nell’intero skyline newyorkes.
Sulla balaustra, un San Francesco di Ernesto Biondi si eleva a grandezza naturale. Il portale della chiesa è anch’esso opera dello scultore Gismondi e le sue formelle rappresentano gli avvenimenti principali di Morolo in questo ultimo secolo nella testimonianza dell’arciprete don Antonio Biondi.
L’interno, a navata unica, presenta sei cappelle, opere d’arte di Sebastiano Conca, Eugenio Cisterna e di scuola seicentesca. Un tempietto quattrocentesco si eleva sul terzo altare di destra.
Oltre alla Chiesa di Santa Croce ormai ridotta a rudere, le altre chiese sono tutte ottocentesche e hanno subìto pesanti interventi nei tempi più recenti. Solo la Chiesa della Madonna del Piano, rurale, presenta un affresco della metà del Seicento.
Sulle montagne, dentro una stretta vallata, a cui si accede per un suggestivo sentiero montano, esiste ancora l’antica Chiesa di Sant’Angelo.
Di origine medioevale, già al centro di un piccolo agglomerato, è stata più volte ricostruita: essa è nata nelle vicinanze di una grotta nella quale si venerava San Michele Arcangelo, a somiglianza del più noto culto del santo sul Gargano. Quello di Morolo aveva la particolarità di essere stato eletto a protezione delle madri allattanti, le quali lo invocavano per propiziare l’abbondanza di latte e bevevano l’acqua stillata dalla roccia. La venerazione è cessata da un cinquantennio, ma rimane viva nella cultura locale.
Da Morolo si osserva il bellissimo panorama della valle del Sacco, con le città di Ferentino ed Anagni; le sue montagne e le colline sono ricche di boschi, acque e pascoli. Decaduta la pastorizia, i monti sono luogo di escursioni e si possono ancora vedere le antiche capanne dei pastori.
Le condizioni economiche e sociali sono radicalmente mutate negli ultimi anni. Molti lavorano nelle fabbriche della zona, nelle cave che caratterizzano il territorio vallivo morolano. Vicino alla stazione ferroviaria, destinata a svilupparsi, sorge una piccola zona industriale in espansione.
Testo: La Ciociaria
Morolo, la Ciociaria dei murales
In molti sostengono che l’arte non abbia barriere; che riesca a superare qualsiasi confine e a insinuarsi in realtà piccole, molto distanti dalla scena culturale contemporanea. Lo dimostra ciò che è accaduto a Morolo, piccolo borgo della Ciociaria situato sulla Valle del Sacco, a pochi chilometri da Frosinone. Qui infatti da oltre trent’anni i grandi murales si sono integrati perfettamente con il tessuto urbano, attribuendo a questo luogo un fascino inedito.
Le facciate morolane trasformate in opere d’arte
Il comune di Morolo è stato un precursore dei tempi, perché qui la parola murales è stata utilizzata già dagli anni ’80, quando ancora nella maggior parte dei grandi centri abitati italiani faceva raramente capolino. Ed è stato grazie all’artista Fausto Mancini, morolano d’ok, che il primo disegno sulle facciate delle case è entrato nella tradizione di questo posto. E proprio dalla sua opera iniziamo il nostro viaggio all’insegna della creatività morolana. In piazza Ernesto Biondi, su commissione della Pro Loco, Fausto Mancini è intervenuto infatti nel 1984 con un dipinto di circa 250 mq; un’opera che affronta uno dei temi più delicati per il piccolo comune ciociaro: l’emigrazione che nel Novecento spinse tanti cittadini del piccolo comune laziale verso gli Stati Uniti in cerca di fortuna.
Le difficoltà diventano patrimonio artistico
Un momento storico difficile quello dell’emigrazione italiana nel Nuovo Continente che l’artista è riuscito ad imprimere sulle mura del paese con grande maestria i sentimenti che accompagnano coloro che devono lasciare la propria terra natia nella speranza di un futuro migliore oltre Oceano sembrano materializzarsi nel suo murales: da una parte è dipinto lo stivale italiano con delle donne intente a salutare un uomo con la valigia che si avvicina al confine della sua nuova vita a stelle e strisce. Ad attendere l’emigrante italiano -nella “sezione” statunitense del murales - c’è un poliziotto. E il simbolo USA la Statua della Libertà.
I mille e uno murales morolani
Ma questa è solo una parte di quello che vi aspetta una volta varcata la soglia di piazza Ernesto Biondi; di fronte al murales di Mancini, c’è infatti l’opera realizzata da Mario Rosati che raffigura l’illustre concittadino Ernesto Biondi, famoso scultore attivo agli inizi del Novecento. E sempre suo è un altro murales che si trova sulla strada provinciale di accesso al Comune laziale, la Donna ciociara: una figura risoluta e piena di energia, rappresentata nelle sue molteplici attività giornaliere.
Rimanendo poco fuori dal centro abitato, in via Guglielmo Marconi, vicino la piazza con la chiesa di San Rocco e Sebastiano, non potete perdervi il murales di Mario Fiaschetti. Un’opera sempre a tema emigrazione in cui si fondono perfettamente sentimenti come amore e amicizia. Tornando in paese è d’obbligo una visita al suo laboratorio,in via Madonna del Piano 57, dove potete ammirare lavori in bronzo, legno e di dipinti.
Anche opere italo-catalane nel comune ciociaro
E se ancora non siete ‘sazi’ di arte non perdetevi tra i vicoli e le viuzze di Morolo le diverse opere d’arte contemporanea che impreziosiscono a sorpresa la cittadina. E’ dal ’94 infatti che fanno qui capolino i lavori della X edizione dell'”Incontro Giovani Artisti” dal titolo “Lo spazio evocato”. Sculture, murales e dipinti di artisti italiani e catalani, realizzati in occasione del gemellaggio con la piccola città catalana Besalù, si sono trasformati in parte integrante della realtà morolana. Da ammirare, il trapezio d’acciaio sospeso tra due palazzi che si trova poco prima di arrivare in piazza Ernesto Biondi (via Roma), opera di PepCamps che cerca di analizzare il rapporto tra aria e spazio. Oppure la gigantesca scultura in alluminio di Carlo De Meo in via Porta Castello. Simile a un orologio solare,è situata sulla facciata di una casa del centro cittadino. E da lì sembra voler dettare lo scorrere del tempo in un paese che non ha avuto paura di coniugare antico e moderno
Testo: Lazio creativo
Ernesto Biondi
Ernesto Biondi nacque a Morolo il 30 Gennaio 1855; si trasferì all’età di 15 anni a Roma per compiere gli studi, si iscrisse all’Accademia di San Luca, dove insegnava scultura il toscano Girolamo Masini. Ben presto però il Biondi si stancò dell’Accademia e si adattò ai lavori più disparati: vignettista per i giornali, intarsiatore, incisore, pittore.
Una delle sue prime opere fu L’ultimo re di Gerusalemme, realizzata nel 1892 ed esposta ad Anversa in Belgio ed a Londra, dove fu trafugata da ignoti. Seguono il Povero Cola e Povera gente, due sculture nelle quali l’artista rivolge l’attenzione alle sofferenze degli umili ed alle ingiustizie sociali.
Nel 1900 fu presentata a Parigi l’opera I Saturnali nella Esposizione mondiale; la scultura fu premiata col Grand prix (il primo premio) ed il Presidente della Repubblica francese, Emile Loubet, conferì al valente artista morolano la prestigiosa onorificenza della Legion d’onore.
L’opera fu in seguito acquistata dallo Stato italiano ed è attualmente esposta alla Galleria d’arte moderna di Roma.
Nel 1900 vinse anche il Concorso Internazionale per l’erezione del monumento a Santiago del Cile agli statisti Montt e Varras, i Libertadores della nazione; nel 1911 eseguì la statua in pietra del giureconsulto romano Gaio, opera che venne collocata a Roma all’esterno del Palazzo di giustizia (è l’ultima statua a destra per chi guarda il Palazzo venendo da ponte Umberto, all’angolo di Via Ulpiano).
A Montelanico e Gorga (Roma) ed a Cisterna (Latina) si possono ammirare le Fontane realizzate da Ernesto Biondi.
Dopo i trionfi dell’opera I Saturnali, eseguì il San Francesco, scultura che fu esposta a San Francisco in California nel 1915; in Argentina, Cile, Monaco di Baviera, Londra esistono copie dell’opera originale.
Una copia in bronzo è posta anche sul sagrato della Chiesa della B.V. Maria a Morolo.
Nel 1910 il Biondi realizzò il Monumento a Nicola Ricciotti, patriota frusinate fucilato nel Vallone di Roveto di Cosenza nel 1844 insieme ai fratelli Attilio ed Emilio Bandiera; l’opera si può ammirare a Frosinone sul piazzale antistante il Palazzo sede della Prefettura.
Ultima opera di Ernesto Biondi il gruppo scultoreo Le misere recluse, rimasta incompiuta poichè l’artista morolano si ammalò ed il 5 aprile 1917 morì a Roma.
Nel 1994 si è svolta a Morolo la X edizione dell’ "Incontro Giovani Artisti", patrocinato dall’Amministrazione Provinciale di Frosinone. Undici artisti italiani e cinque artisti catalani hanno realizzato altrettante opere che ora sono collocate stabilmente nell’abitato di Morolo e ne hanno arricchito il patrimonio artistico.
Foto di Franco Olivetti, Gerardo Forti, Ferdinando Potenti, Pietro Scerrato, Roberto Fiadone, che si ringraziano per averle concesse in uso alla Provincia di Frosinone.
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Ultimo aggiornamento
Venerdi 20 Settembre 2024