Amaseno e la fertile valle

La Carta Geologica d'Italia, redatta dal Servizio Geologico d'Italia, certifica che il territorio di Amaseno è composto in gran parte da "Calcari con fossili del Turoniano" ed è sufficientemente fertile e adatto per qualsiasi coltura. La Valle è attraversata dal fiume Amaseno, che Virgilio, nell'Eneide, chiamava con il vocativo "Amasene pater" e "Amasenus abundans"

Data di pubblicazione:
23 Settembre 2020
Amaseno e la fertile valle

Amaseno si trova nella Valle dell'Amaseno, tra gli Ausoni (a est-sud-ovest) e i monti Lepini (a nord).  Tutt'intorno si innalzano le montagne, dai 546 metri del Monte Rotondo, fino ai 1090 metri, del Monte delle Fate. Le parti più alte sono ricoperte da rocce calcaree, mentre sui fianchi ci sono molte macchie di vegetazione.

Secondo la Carta Geologica d'Italia redatta dal Servizio Geologico d'Italia il territorio di Amaseno è composto in gran parte da "Calcari con fossili del Turoniano" ed è sufficientemente fertile e adatto per qualsiasi coltura.

Il fiume principale è il fiume Amaseno, che scorre nella valle, prima di dar vita, insieme al fiume Ufente, al fiume Portatore. Virgilionell'Eneide, menziona il fiume, e lo chiamava con il vocativo "Amasene pater" e "Amasenus abundans"

Dalle ricerche effettuate sul territorio si può dedurre che Amaseno non sia di origine antica, né romana né tantomeno pre-romana: infatti nel suo territorio non sono mai stati rinvenuti manufatti, lapidi o edifici che attestino l'esistenza di un oppidum o di un vicus di età antica. Secondo una delle ipotesi più accreditate, Amaseno sarebbe nato nel IX secolo e, come molti altri abitati medioevali, anch'esso sarebbe sorto attorno a un monastero. Altri suppongono invece che il centro abitativo che diede origine ad Amaseno si sia formato intorno ad una fortificazione militare. In ogni modo, la prima attestazione scritta dell'esistenza di Amaseno risale al 1125, quando ancora si chiamava Castrum Sancti Laurentii:

«Hoc anno Idibus Martii venit Honorius papa cum maxima gente, et cepit Trevem atque Magentiam, et cremavit post tertium et Roccamsiccam et Julianum, et S. Stephanum et Prossei et abstulit Sanctum Laurentium. Postea comites Guttifredus, Landulfus, Raynaldus juraverunt Papae»

Nel testo degli Annales Ceccanenses si ricorda come nel 1125 papa Onorio II abbia condotto di persona una spedizione militare in cui prese Trevi e Maenza, incendiò Roccasecca e Giuliano, S. Stefano e Prossedi, e sottrasse (abstulit) San Lorenzo, che all'epoca doveva già far parte dei possedimenti dei Conti di Ceccano. I Conti, vinti, gli giurarono fedeltà. Di San Lorenzo si fa nuovamente menzione per il 1165, quando fu incendiato dalle truppe del re di Sicilia, guidate da Gilberto duca di Gravina e da Riccardo di Esaia

«comes Gilibertus et Riccardus de Esaya venerunt cum exercitu regis Siciliae; et intraverunt in Campaniam [...] Et sic intraverunt in vallem Sancti Laurentii, et incenderunt castrum Sancti Stephani et Prossei, et unusquisque postea rediit ad propria. Hoc autem anno Ripe, Turrice et castrum Sancti Laurentii et Insula cremata sunt et Alesander papa reversus est Romam»

Ricostruito, San Lorenzo nel XIII secolo tornò ad essere possedimento dei bellicosi Conti di Ceccano, che ne fortificarono il castello. Tra la fine del Duecento e i primi del Trecento passò per breve tempo ai Caetani: Landolfo II dei Conti di Ceccano, con testamento datato 18 agosto 1264, lasciò in eredità S. Lorenzo alla propria moglie Maccalona, ma nel 1297, durante le lotte dei De Ceccano contro i Caetani, Bonifacio VIII confiscò S. Lorenzo e lo diede ai Caetani, suoi parenti. Alla morte di Bonifacio VIII S. Lorenzo ritornò ai Conti di Ceccano: Tommaso II detto “il Mutilo” lo tenne fino al 1350 circa, quando suo cugino Francesco III gli mosse guerra confiscandogli San Lorenzo assieme a Ceccano e a Ripi. 

In seguito San Lorenzo passò ancora ai Caetani, che si erano imparentati coi Conti di Ceccano, ma nel 1419 papa Martino V Colonna lo confiscò a Cristoforo Caetani, duca di Fondi, e lo donò alla regina Giovanna II di Napoli, che a sua volta lo girò a Giordano e Lorenzo Colonna, aggiungendovi anche altri feudi e il Principato di Salerno.   

Da questo momento si aprì un lungo contenzioso tra i Colonna e i Caetani che costò a San Lorenzo anche un saccheggio, compiuto nel 1556 da Bonifacio Caetani. Dal 1549, proprio a causa del conflitto Colonna-Caetani, l'Ambasciatore spagnolo a Roma aveva preso possesso pro tempore di San Lorenzo, Sonnino e Vallecorsa che rimasero sotto l'amministrazione spagnola fino al 24 ottobre 1591, quando Filippo II di Spagna concesse i tre paesi oggetto di contesa a Marcantonio Colonna, il vincitore di Lepanto. Dal 1591 fino al 1816 San Lorenzo rimarrà feudo dei Colonna e non sarà più oggetto di contese tra i baroni romani.

Queste lotte però avevano alimentato il brigantaggio, di cui San Lorenzo ebbe a patire. Esemplare il caso del brigante Bartolomeo Vallante, detto "Catena" (circa 1550 - 1581), che alternava i suoi regolamenti di conti e le sue grassazioni con i "servizi", perlopiù assassinii, effettuati a pagamento per conto proprio dei signori locali. Costoro, infatti, oltre a laute ricompense in denaro, accordavano ai briganti l'impunità nei propri feudi. Tra i baroni che si valsero dei "servizi" di Catena vi furono appunto anche dei Caetani: Cesare e Pietro, signore di Maenza. Non meraviglia dunque che il brigantaggio abbia conosciuto nella zona un notevole sviluppo proprio nel Cinquecento, in tempo di contese tra baroni. Un tentativo di reprimere il brigantaggio si ebbe con il sanguinario Sisto V: ai suoi tempi "nel breve tratto di strada tra Frosinone e Anagni si videro ben presto erette fino a dodici forche, dove pendevano straziati i corpi dei briganti" Inoltre San Lorenzo era ubicato non lontano dal confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli: passare il confine permetteva ai briganti di eludere i soldati inviati a combatterli. Famoso nella prima metà del Seicento fu il brigante Domenico Colessa di Aloisio, detto "Papone", che aveva la sua base di operazioni presso Roccasecca, nella contrada Caprile e che cercò addirittura di fondare una repubblica che da lui avrebbe preso il nome di "paponiana". Per debellare Papone, che spesso sconfinava nello Stato Pontificio, il re di Napoli dovette far intervenire più volte l'esercito. Nella prima metà del Settecentoprimeggiò il terracinese Giuseppe Mastrilli (ca 1710-1750), di famiglia agiata ed ex-seminarista

In seguito alla rivoluzione francese e con la creazione, nel 1798, della Repubblica gallo-romana, il territorio dello Stato Pontificio fu diviso in otto dipartimenti e la vecchia provincia di Campagna e Marittima formò il dipartimento del Circeo, con capitale Anagni. Caduto il regime repubblicano nel 1799 fu restaurato lo Stato Pontificio, che rimase in piedi fino al 1809, quando fu annesso da Napoleone alla Francia; nella riorganizzazione amministrativa che seguì San Lorenzo rientrò nel Cantone di Vallecorsa, appartenente al Circondario di Frosinone, a sua volta parte del Dipartimento del Tevere. Nel 1815 il Congresso di Vienna restaurò ancora lo Stato pontificio e l'anno successivo il cardinal Consalvi spinse papa Pio VII a decretare l'abolizione dei diritti feudali nello Stato Pontificio, così anche il principe di Paliano Filippo Colonna, ultimo discendente diretto di Marcantonio, rinunciò ai suoi ventisette feudi, compreso S. Lorenzo. Inoltre Pio VII, con il motu proprio del 6 luglio 1816 istituì la delegazione apostolica di Frosinone. Una lettera della delegazione, risalente al 1837 e oggi conservata nell'archivio storico del comune, attesta come nel 1822 il Consiglio Comunale fosse formato da 18 membri per tre quarti di S. Lorenzo e un quarto di Pisterzo.

Nel frattempo il brigantaggio, che non si era sopito durante il periodo francese, si riacutizzò per l'attività delle bande di Pasquale Iambucci di Vallecorsa (attivo tra il 1812 e il 1814), di Alessandro Massaroni detto "mancinello", anch'egli di Vallecorsa (1814-21), di Giuseppe de Cesaris di Prossedi (1819-20), del famoso Antonio Gasbarrone detto "Gasperone", originario di Sonnino(1814-19) e, infine, di Michele Feodi, arrestato il 16 luglio 1825. Talvolta all'interno di queste bande si trovava anche qualche amasenese. Più spesso ne furono vittime: nel 1864 veniva decretato un "aumento delle forze di gendarmeria in San Lorenzo per giungere all'arresto dei briganti che si aggirano nella zona". E in effetti gli zuavi pontifici effettuarono vari arresti sulle montagne tra Amaseno e Sonnino nel 1865, tuttavia ancora nel 1866 si registra un "ricatto ai danni di due abitanti di San Lorenzo da parte di alcuni briganti". La fine del brigantaggio si sarebbe avuta solo dopo l'Unità d'Italia

Nel 1849 San Lorenzo fece parte della Repubblica Romana. Il 13 ottobre del 1867, nell'ambito della campagna dell'Agro romano per la liberazione di Roma conclusasi con la battaglia di Mentana, i volontari garibaldini della colonna guidata dal generale Nicoterapassarono attraverso il territorio di San Lorenzo. Dopo la Breccia di Porta Pia fu assegnato alla provincia di Roma (allora comprendente quasi tutto il Lazio attuale, tranne Cassino, Sora, Gaeta e la Sabina): circondario di Frosinone, mandamento di Ceccano. Nel decaduto Stato Pontificio erano più di trenta le località chiamate "San Lorenzo", delle quali quattro o cinque nella nuova Provincia di Roma. Con il Regio Decreto 23-6-1872 San Lorenzo assunse la denominazione e lo stemma attuali. Lo stemma del vecchio comune di "San Lorenzo di Campagna" recava l'immagine del santo patrono. Lo stemma odierno raffigura una torre, simbolo che ricorda l'origine castrense del comune.

Nel 1927 il comune di Amaseno fu distaccato dalla provincia di Roma ed aggregato a quella di Frosinone, istituita pochi mesi prima. In questi anni ancora non era raro nel periodo estivo-autunnale contrarvi la malaria. Nel 1925 ad Amaseno, dove aveva il bacino d'impluvio una palude della valle omonima, si verificò una grave epidemia: su nemmeno 3.000 abitanti addirittura 2.800 risultarono malarici gravi. Durante la seconda guerra mondiale Amaseno fu duramente provato dall'occupazione tedesca prima, e dal bombardamento e dall'occupazione delle truppe alleate poi, che lo occuparono il 29 maggio 1944. In particolare si segnalarono per le loro violenze, spesso ai danni di donne, i militari delle truppe marocchine. Anche la collegiata di S. Maria fu colpita da un cannoneggiamento che durò tre giorni. Nel 1945, immediatamente dopo la guerra, si verificò un'endemia di malaria dovuta in una prima ondata al Plasmodium virax, nella seconda al più grave Plasmodium falciparum. Da decenni ormai la malaria ad Amaseno è completamente debellata. Durante la prima Repubblica Amaseno ha fatto parte del bacino elettorale di Giulio Andreotti.

Il nome Amaseno deriva da un piccolo fiume denominato “Amasenus” il quale si ipotizza che potrebbe derivare a sua volta da un nome di città: Amasos. Il nome attuale (Amaseno) gli fu assegnato nel 1872 sostituendo il vecchio nome: San Lorenzo in Campagna

Collegiata di Santa Maria Assunta, monumento nazionale

E' il simbolo di Amaseno. Con sua spettacolare bellezza domina il paese, quasi a ricordare il suo legame indissolubile con le reliquie contenute in essa, soprattutto quella del sangue di San Lorenzo martire che ogni dieci agosto compie il prodigio della liquefazione

Si tratta di un’antica costruzione cistercense di indiscusso valore artistico e storico, monumento nazionale, il cui impianto domina il centro dell'urbe. La sua è una storia lunga e complessa, le cui vicende si fondono con quelle del paese stesso e la cui costruzione risale al IX secolo d.C., quando al posto della Collegiata esisteva una Chiesa più piccola, che andò distrutta nel 1165 ad opera di Federico I Barbarossa e sulle cui rovine i cistercensi edificarono l’attuale fabbrica (cfr. cronaca di Fossanova)

La chiesa di S. Maria Assunta, opera gotico-cistercense, fu consacrata l’8 settembre 1177. Realizzata in pietra locale, da abili scalpellini formati alla scuola cistercense, si presenta con una nobile facciata arricchita da tre portali, di cui il centrale a sesto acuto sorretto da colonnine e bei capitelli, ed è ingentilita da un rosone incorniciato da un arco a tutto sesto sorretto da colonne

Il campanile, appartenuto alla precedente chiesa distrutta nel 1165, è stato rimaneggiato durante la costruzione della chiesa

L’interno a tre navate, è diviso da archi a sesto acuto poggianti su pilastri; quelli vicini al presbiterio sono addossati a colonne sormontate da superbi capitelli. Le navate laterali terminano con due absidi quadrate, mentre quella centrale con un’abside semicircolare, realizzata nella metà del settecento e che contiene un bel coro in legno. Un rosone inonda la chiesa di tersa luce, così anche le monofore laterali su due livelli

Numerose e importanti le opere d’arte e i pregevoli affreschi, che vanno dalla metà del XIII secolo fino al XVII secolo, custodite all’interno

Tra tutte, spicca il meraviglioso pulpito, realizzato nel 1291, a cassa quadrata su quattro colonne con capitelli lavorati con elementi fitozooantropomorfi. Quattro faccine silvestri rivelano la perizia del lavoro dello scalpellino. Un grande falcone che ghermisce un montone, sorretto da una bella colonna ottagona, funge da lettorino per la proclamazione del Vangelo.

L’opera è stata completata  da Pietro Gullimari di Priverno con i suoi figli, Marisio e Giacomo ma, in base ad una bolla di Papa Innocenzo IV del 1248 che ordinava di assegnare un beneficio ecclesiastico al chierico GIOVANNI figlio di NICOLA PISANO che all’epoca viveva ad Amaseno, si pensa che il pulpito sia stato iniziato da NICOLA PISANO, autore del pulpito del Duomo di PISA e del Battistero dello stesso e successivamente completato dai Gullimari. 

Situato all’ingresso della chiesa, nella navata laterale sinistra, subito dopo la “porta pagana” per l’accesso dei catecumeni, si trova il Battistero. Costruito in pietra calcarea, ha la forma di una vasca rotonda di 107 cm di diametro. Il fonte battesimale è sormontato da un baldacchino quadrato. L’unica colonna su cui poggia il ciborio, gli altri tre lati, infatti, sono addossati ai muri della chiesa, termina con un capitello decorato con foglie di quercia e ghiande, simile a quello del pulpito. Per la similitudine dello stile e della lavorazione, si ritiene che l’opera sia stata realizzata dalla famiglia  Gullimari di Priverno.

Preziosissimo è il "Cristo deposto" a grandezza naturale. Rimasta intatta per dieci secoli, si tratta di un’opera scultorea lignea, policroma, che ritrae il Nazzareno deposto dalla croce, risalente al XII secolo. Tanto bella quanto antica, questa statua costituisce uno degli esempi più interessanti di scultura medioevale.

Unico nel suo genere e visibile solo su richiesta, è un reliquario, purtroppo ancora poco conosciuto. Nell'involucro d'argento che ne riproduce la testa e il busto è custodito il cranio di San Tommaso Veringerio. Di grande pregio e fattezza stilistica, è un’opera di cesello unica e preziosa; la sua parte superiore in corrispondenza della calotta cranica si apre mediante uno sportello, anch’esso d’argento, creato per mostrare appunto il cranio osseo di questo santo misterioso.

Altra opera di notevole fattura anche essa visibile su richiesta è la croce astile. È  costruita in lamina d'argento dorato a sbalzo su supporto ligneo; tralci di vite e cespi di trifoglio adornano ambedue i lati.
Alle estremità tribolate dei bracci sono apposte otto piastre d'argento con figure in bassorilievo lavorate a cesello. Nella parte anteriore  vi sono le riproduzioni della Madonna, S. Giovanni apostolo, S. Maria di Cleofa e S. Maria Maddalena, mentre nella parte posteriore  trovano posto un'aquila, un bue, un leone e un'angelo, ossia  i simboli biblici dei quattro evangelisti  S. Giovanni, S. Luca, S. Marco e S. Matteo.

Nella cona sinistra dell’ingresso principale della chiesa si trova la statua di San Bernardino da Siena, alta poco meno del naturale (mt. 1,30), che forse tenne ad Amaseno una missione popolare. È raffigurato in atteggiamento oratorio con l’avambraccio e l’indice della mano destra levati in alto e con un libro nella sinistra. La statua si ritiene sia stata scolpita verso la fine del ‘400 da un’artista locale

Tra l’inizio del XIII e il XIV secolo venne affrescato il presbiterio e, sulla volta dell’altare, un cielo che raffigura, con immagini di santi, sante e agnelli l’immagine della Gerusalemme celeste, citata nel libro dell’Apocalisse (XII secolo). Di notevole interesse, sul lato sinistro del presbiterio, si erge sul suo trono di gloria, una raffigurazione della Trinità (XVI secolo) molto singolare: un solo corpo sul quale sono innestati tre volti.

Al  lato della Trinità, si può vedere una solenne Crocifissione di Cristo attorniata da diversi personaggi: Maria, Giovanni, il soldato Longino, angeli svolazzanti e i lacerti di una Maddalena.

Sulla parete di fronte si trovano due file di santi e sante, affreschi databili tra il XIII e il XIV secolo. Nella fila più alta sei figure. Da sinistra a destra: santa Caterina d’Alessandria (ruota uncinata); una Santa con vesti da matrona; un Santo con tunica e mantello, copricapo e bastone; Madonna in trono con Bambino; un Santo con tunica e pallio e un corto bastone nella mano sinistra; un Santo in dalmatica girato di profilo che tende le mani verso un devoto (san Lorenzo?). Nella fila inferiore, molto rovinata, restano solo quattro figure: un santo Vescovo in abiti pontificali e in mano uno strumento, che sembra un cardatoio (san Biagio); un Santo in saio domenicano (posteriore) (san Tommaso d’Aquino?); una Santa in tunica bianca con velo in posizione orante (sant’Agnese?); santa Caterina d’Alessandria (ruota uncinata).

Possiamo inoltre ammirare altri affreschi sulle pareti della chiesa. In fondo sulla parete interna della facciata: un Cristo buon pastorecon una pecorella attorniato da San Giovanni Battista e San Lorenzo; nella cappella di destra l’Adorazione dei Magi e nella cappella di sinistra il Sacrificio di Isacco e L’ultima Cena.

Oltre alle pitture murali si trovano: un Trittico Bizantino su tavola raffigurante la Santa Vergine con Bambino, San Nicola di Bari e Sant’Ambrogio di Ferentino.

Sempre su tavola, firmata da Gabriel Ferbursi 1581una splendida Madonna del Rosario con Santa Caterina e San Domenico, circondati da uomini e donne dell’epoca. Intorno all’opera 15 misteri del Rosario.

Su tela firmata da Fasolilli è l’opera dell’abside raffigurante l’imperatore Valeriano che condanna a morte il diacono Lorenzo che, incurante dei carnefici che gli preparano il supplizio, contempla nell’alto dei cieli Maria che ne viene assunta, quasi a presagire la sua destinazione finale e quella sita  nella cappella di san Lorenzo, simile a quello dell’altare. In sacrestia è conservata una tela del XVI secolo raffigurante la Vergine con Bambino che protegge Amaseno fortificata con torri e cinta muraria, con i santi protettori Lorenzo e Tommaso Veringerio.

Uno dei tesori che apparteneva alla Chiesa di Santa Maria fino al 26 gennaio 1920, era lo sportellino in legno, dalle dimensioni di cm 32x18,5, decorato con smalti a disegni geometrici e floreali di colore azzurro e rosso, contornato da una cornice in metallo dorato, il tutto contenente al centro un angelo dorato in rilievo, con le ali sollevate, un libro nella mano sinistra e la destra benedicente. Quest’opera di origine francese, denominata «l’Angelo di Amaseno», fu allora venduta per la somma di 2000 lire al Museo di Palazzo Venezia a Roma, dove tuttora può essere ammirata e con il ricavato fu possibile riparare la Chiesa

Oltre al magnifico edificio sacro e alle opere d’arte che lo completano, la chiesa di Santa Maria possiede un tesoro prezioso e unico che è presente nella Collegiata fin dal 1177, descritto nell’atto di consacrazione, dove, oltre le informazioni inerenti l’evento della consacrazione, c’è una lista di reliquie presenti nella chiesa in quel giorno solenne. Tra queste è menzionata una particolare reliquia, definita in latino “de pinguedine s. Laurentii Martyris” e in volgare “delle grassecze de santu Laurentiu martiru”. Si tratta di una fiala in vetro contenente una sostanza allo stato solido di colore bruno.

Nel corso dei secoli, l’ampolla del sangue di San Lorenzo è stata custodita in diversi luoghi. In una stanza laterale della chiesa vi è un imponente e artistico armadio, costruito all’inizio del 1700, con quattro ante. Esso contiene gli arredi sacri, ma una parte di esso, finemente decorata, quasi a costituire una piccola cappellina, era dedicata alla custodia delle reliquie. Non si conosce prima di questa data, né il luogo dove era conservata l’ampolla del sangue di san Lorenzo, né il modo.

Non si hanno particolari notizie di questa reliquia, fino agli inizi del 1600 quando venne notato, non senza stupore, che quel prezioso contenuto, nella ricorrenza della festa del santo Martire, il 10 agosto, passava spontaneamente dallo stato solido e compatto allo stato liquido. Come ricordano alcuni storici, «uomini di provata fede» (è da pensare che si tratti dell’allora vescovo di Ferentino e del Principe Colonna, feudatario di Amaseno), informarono il papa Paolo V, allora regnante (1605-1621), il quale rimase ammirato dal «portento del Martire» e volle per sé alcune gocce di «questo prodigioso sangue» da conservare tra le atre reliquie dei santi nel sacrario della cappella da lui eretta presso la Basilica di S. Maria Maggiore in Roma. Il fatto prodigioso sicuramente creò notevole interesse, tanto che il cardinale Girolamo Colonna (1604-1666), signore di queste terre, fece racchiudere la preziosa ampolla in un reliquiario d’argento. Molto probabilmente si tratta del magnifico reliquiario, attribuito alla scuola del grande artista Gian Lorenzo Berninidove è tuttora conservata l’ampolla con il sangue del santo.

Questa massa, che durante l’anno appare in forma solida e di colore rosso scuro, durante la festa del 10 di agosto di ogni anno, si liquefà, assumendo un bellissimo colore rosso vivo. Tale prodigio si ripete puntualmente, ogni anno, nei giorni a ridosso della festa del santo. Nel 1649 Paolo Aringhi (1610-Roma-1676) dell’Oratorio di san Filippo Neri, scrittore e archeologo, incaricato dal cardinale Girolamo Colonna, fu testimone di una liquefazione che riporta nel suo scritto Roma subterranea novissima in qua post Antonium Bosium antesignanum, Joannem Severanum, Congr. Oratorii Presb., et celebres alios scriptores, antiqua Christianorum et precipue Martyrum Coemeteria illustrantur, Romae, 1651.

Ogni anno, dunque, nella ricorrenza della festa di San Lorenzo, il 10 agosto, si rinnova puntualmente questo fenomeno prodigioso, in modo spontaneo, senza ricorso a movimenti dell’ampolla provocati manualmente. In genere la massa impiega circa nove giorni per raggiungere il massimo grado della liquefazione, che permette al liquido di muoversi liberamente nell’ampolla se questa viene appena scossa. Allo stato liquido la sostanza appare fluida e trasparente alla luce, cosa impossibile quando è allo stato solido, lasciando chiaramente vedere, sul fondo, un deposito di terra e cenere e un pezzo di pelle che galleggia liberamente in esso. Il fatto prodigioso si è verificato anche in altri periodi dell’anno, in particolari occasioni, sia nella chiesa di S. Maria Assunta dove e è custodita: 1754/1759 in occasione della visita del Vescovo diocesano Pier Paolo Tosi; 3 ottobre 1954 davanti al Vescovo diocesano Tommaso Leonetti; 1 settembre 2001 alla presenza di un pellegrinaggio di San Lorenzello (Bn);  sia in occasione di pellegrinaggi della reliquia: 15-21ottobre 1967 a Firenze (il sangue si è liquefatto due volte); 21-28 settembre 1969 a Milano (il sangue rimase sciolto per tutta la settimana). In occasione del pellegrinaggio a Malta, nella cittadina di San Lawrenz nell'isola di Gozo, il 24 e 25 luglio 2014. Anche in queste circostante, la liquefazione è avvenuta in modo improvviso e spontaneo.

E’ interessante notare che la sommità dell’ampolla di vetro presenta una decisa rottura con la mancanza di una scheggia vitrea dell’orlo. La fiala è chiusa, dunque, semplicemente da un tappo con della garza e relativi sigilli in ceralacca. La frattura impedisce la chiusura ermetica del contenitore, permettendo così uno scambio gassoso tra l’esterno e l’interno della fiala e tuttavia il materiale che è contenuto all’interno non subisce corruzione, il che costituisce un ulteriore evento prodigioso. 

Testo: Comune di Amaseno

Chiesa di San Pietro Apostolo

Si fa risalire al XIV secolo, infatti viene nominata in alcuni documenti riguardanti il pagamento delle tasse. Nel corso dei secoli la chiesa subì varie modifiche, fino al 1749. Nel 1944 a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale fu danneggiata e fu fatta restaurare. Alcune parti della chiesa sono in stile gotico. Possiede tre navate e ha un'abside del XVIII secolo.

Chiesa di Santa Maria dell'Auricola

Si trova sul colle dell'Auricola su un'altura di 270 metri. Risale al XIII secolo, infatti la chiesa viene menzionata in alcuni documenti di papa Onorio II verso l'inizio del XIII secolo. Secondo alcune ipotesi, la chiesa fu fondata dai monaci cistercensi. Nel 1893 la chiesa passò nelle mani di alcuni vescovi, che a loro volta l'affidarono a dei padri francescani che la fecero restaurare. Come molte altre chiese del territorio, subì molti danni nella seconda guerra mondiale. Ora la chiesa è in mano alla Curia di Ferentino.

Chiesa di San Rocco

Questa fu costruita come voto durante all'epidemia di peste che colpì la popolazione di Amaseno nel XVII secolo. Il campanile è del 1927, mentre la statua di San Rocco è del XVII secolo.

Chiesa dell'Annunziata

Fu costruita nel XIII secolo, poiché è fatta in stile gotico. Anche questa chiesa è stata in parte distrutta nella seconda guerra mondiale.

Chiesa di San Sebastiano

Sorge nel centro storico e viene menzionata per la prima volta nel Inventario di Onorato Caetani del 1491. È di piccole dimensioni e fu fatta restaurare nel 1888. All'interno vi è una statua di San Sebastiano scolpita da Giuseppe Apponi nello stesso anno della ristrutturazione. La statua raffigura San Sebastiano ferito da frecce, che contempla il cielo.

Da un documento conservato presso l'archivio vescovile di Ferentino, in cui viene riportato un sommario censimento della popolazione diocesana, si ricava che nel 1662 la popolazione totale di Amaseno contava 696 unità, di cui 412 "anime da comunione".

Nel 1828 Amaseno contava 1852 abitanti.

Soprattutto tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, ma anche dopo la seconda guerra mondiale, vi fu una consistente emigrazione, diretta soprattutto verso Canada e Stati Uniti. In una cittadina a 45 km da Chicago, chiamata Chicago Heights, gli immigrati di origine amasenese si sono organizzati in una società: la Amaseno Lodge, le cui riunioni mensili si svolgono in italiano e in dialetto amasenese (oltre che in inglese). La società ha fatto istituire nell'ambito dell'Arcidiocesi di Chicago un San Lorenzo Festival consistente in una processione in onore di S. Lorenzo, il patrono di Amaseno, che si tiene ogni anno. Vi partecipano anche donne in costume amasenese e ha come destinazione il St Rocco Oratory di Chicago Heights.

Prodotti tipici

Caciottina di bufala di Amaseno (semplice e aromatizzata): questa pietanza è un formaggio fatto con latte di bufalo crudo. Gli elementi tradizionali nella lavorazione di questo formaggio sono l'uso del latte di bufalo crudo, il metodo di salatura e come vengono trattate le forme. Per lavorarlo si usano degli attrezzi tradizionali di Amaseno, ovvero la mastella in legno e i vasi di coccio. La caciottina può essere arricchita con frutta secca o peperoncino.

Vitellina di bufala di Amaseno: questa pietanza è fatta con carne di vitelli maschi allattati con latte alimentare per 90 giorni e si produce prevalentemente in inverno.

Il settore più sviluppato è quello dell'allevamento bufalino: 14.000 capi di bestiame in circa 250 aziende. 

Il prodotto principale è infatti la mozzarella di bufala e ogni anno in luglio si tiene ad Amaseno la "Festa della mozzarella di bufala e dell'agricoltura", giunta nel 2010 alla sua XIV edizione, con degustazioni di mozzarelle e delle carni dei "bufaletti", i vitelli del bufalo. Altri prodotti importanti sono le olive e la marzolina, un formaggio fatto con latte di capra

Fino alla prima metà del secolo scorso uno dei principali cespiti dell'economia amasenese, oltre all'olio, era la coltivazione del grano. Numerose erano anche le vigne, e si aveva una piccola industria nella tessitura di uno speciale panno di lana, di color rosso sangue, e di tela di lino bianca, che servivano rispettivamente per le vesti e per il copricapo (detto mantricella) tradizionali delle donne amasenesi. Fu importante, prima che s'imponesse l'allevamento bufalino, quello equino

Il territorio comunale di Amaseno rientra nella zona DOP della mozzarella di bufala campana.

Testo: Wikipedia

Foto di Emilia Trovini, Enzo Sorci, Maria Cristina, Luca Bellincioni, Gengish Skan, Ferdinando Potenti, Roberto Cervoni, che si ringraziano per averle concesse in uso alla Provincia di Frosinone.   

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Ultimo aggiornamento

Venerdi 20 Settembre 2024