Guerra dei sessi?

Adottare politiche di valorizzazione della diversità, oggi, diventa un dovere istituzionale non solo una scelta tra migliori amministratori.

Data di pubblicazione:
14 Luglio 2023
Guerra dei sessi?

Guerra dei sessi?
Giuseppina Bonaviri 

Adottare politiche di valorizzazione della diversità, oggi, diventa un dovere istituzionale non solo una scelta tra migliori amministratori.

Diversity, Equity, Inclusion ci indicano che riconoscere ed accogliere una differenza non è più sufficiente se non si promuovono parallelamente azioni positive "che consentono le condizioni di equità" e se non si attua "una reale inclusione volta a valorizzare l’unicità di ciascuna/o".
Nel nostro Paese lo skill mismatch (gap delle competenze) riguarda circa 10 milioni di lavoratori (il 38,2%). E questo ne rappresenta anche la naturale conseguenza. 

L'Agenda 2030 dell'Onu, ha inserito obiettivi specifici per promuovere la questione cosicché molte grandi aziende italiane si sono adeguate. Ancora troppo poche invece le PMI.
Nel nostro territorio sono un numero ridottissimo le imprese che hanno adottato una strategia gestionale puntando "al riconoscimento e alla valorizzazione delle differenze individuali per massimizzare il potenziale presente in ognuna/o". 
Sarebbe interessante a tal proposito creare un date base locale ufficiale, consultabile e pubblico.

L’impatto positivo che tali iniziative esercitano a livello di attraction e retention dei talenti, di innovazione e di redditività è  riconosciuto da studi specifici di settore tanto che tutti gli indicatori istituzionali confermano che "dove queste politiche sono attuate migliorano significativamente il clima aziendale e il wellbeing nel complesso, condizioni indispensabili per la retention e l’engagement delle/i sue/i dipendenti".

Inoltre, in tempi di guerra, le analisi di genere, che sono tenute a margine del pensiero nazionale e geopolitico, non possono non essere considerate come una forza reale. 
Basti pensare che il 25% delle forze armate ucraine è costituito da donne.

Secondo il World Economic Forum ci vorranno ancora 131 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale, un dato che è  stato appena pubblicato nell'edizione del Global Gender Gap Report 2023.
Nella classifica globale sul divario di genere realizzata dal World il nostro Paese perde 16 posizioni. 
«Poche donne occupate, sempre meno quelle in politica. E il tasso dei femminicidi non è comune per uno Stato avanzato».

 Siamo scesi sotto la metà tra i Paesi attenzionati. Prima di noi ci sono la Nuova Zelanda e l’Uganda. Primeggia l’Islanda, l’unico Stato al mondo il cui l’indice di parità supera il 90%, poi  la Norvegia e la Finlandia.

Insomma, il nuovo Gender equality index dell'Eige ci conferma che "tra scarsa occupazione, mancanza di parità sul lavoro, disuguaglianza nella suddivisione dei carichi di cura e soffitti di cristallo, il cambiamento in Italia è ancora troppo lento".
E l’Italia non può  ignorare che in questa transizione il ruolo della leadership risulterà fondamentale.

Ecco che allora 
 una nuova spinta, quasi  un’accelerazione, necessita per attivare un’azione collettiva che coinvolga  cittadine/i, istituzioni, imprese  affinché Diversità, Equità e Inclusione possano davvero diventare parte integrante della cultura delle aziende e della società nel suo complesso.

Nella nostra provincia frusinate si parta dunque con un dibattito largo, aperto, condiviso disinnescante meccanismi semplicemente utopici ed ormai assai desueti.

Ultimo aggiornamento

Lunedi 18 Novembre 2024